Nel panorama sempre più affollato delle bevande analcoliche, emerge un prodotto che non punta solo al gusto o al prezzo, ma a un messaggio potente: Gaza-Cola. Presentata come un’alternativa etica ai giganti del settore, questa bibita promette di destinare i suoi profitti a una causa nobile: la ricostruzione di Gaza. Ma cosa c’è davvero dietro questa lattina rossa con la bandiera palestinese? E, soprattutto, quanto sono trasparenti le sue promesse di beneficenza?
Per i consumatori attenti, e in particolare per chi si occupa di tutela dei diritti, è fondamentale scavare a fondo. In un’epoca in cui le scelte d’acquisto sono sempre più guidate da valori etici, la verifica delle affermazioni di un marchio diventa cruciale per evitare la “disinformazione” e garantire che il denaro speso vada davvero dove si dice.
Dietro la Lattina: Dove Nasce Gaza-Cola?
Partiamo dalle basi: dove viene prodotta questa bevanda che porta nel nome una delle aree più martoriate del mondo? Sorprendentemente, la produzione di Gaza-Cola avviene in Polonia. Questo significa che, nonostante il forte legame identitario con Gaza e la causa palestinese, la bibita non è prodotta direttamente nei territori.
La distribuzione, invece, è già internazionale. Gaza-Cola è importata e venduta principalmente in Inghilterra, sia online che tramite rivenditori a maggioranza musulmana. Ma la sua presenza si estende anche a paesi come Spagna, Australia, Sudafrica e Kuwait. Presto, è stato annunciato, arriverà anche sul mercato italiano. Non aspettatevi di trovarla nei grandi supermercati; la sua strategia di distribuzione sembra più mirata a canali di nicchia o legati a comunità specifiche.
Questa disconnessione geografica tra il luogo di produzione e la causa benefica a Gaza solleva immediatamente una domanda: come vengono gestiti i fondi e le operazioni in una zona di conflitto così complessa? La risposta sta nella trasparenza dei meccanismi di trasferimento e verifica.
Chi C’è Dietro il Marchio?
Il marchio “Gaza-Cola” è un’iniziativa di Palestine House, London. Il fondatore è
Osama Qashoo, un attivista palestinese di 43 anni, noto anche come regista e avvocato per i diritti umani. Qashoo ha un passato di attivismo significativo, avendo co-fondato l’International Solidarity Movement nel 2001 e partecipato alla Gaza Freedom Flotilla nel 2010. Ha lasciato la Palestina oltre 18 anni fa, dopo aver subito torture e imprigionamenti, e ora risiede nel Regno Unito, dove ha fondato Palestine House come centro politico e culturale per i palestinesi e i loro sostenitori.
L’azienda si definisce “un’attività indipendente, il cui operato è esclusivamente a beneficio della comunità” e dichiara di non essere “affiliata a nessuna organizzazione o movimento politico”. La sua missione è “radicata nei principi di pace, positività e prosperità, con l’intento di sostenere le persone attraverso il commercio anziché il conflitto”.
Tuttavia, qui emerge una potenziale contraddizione. Se da un lato l’azienda afferma di non avere affiliazioni politiche, dall’altro il suo marketing è esplicitamente legato al movimento Boycott, Divestment and Sanctions (BDS) e utilizza lo slogan “Genocide-Free Cola”. Questi elementi sono chiaramente di natura politica e ideologica. Per un consumatore, questa apparente incoerenza potrebbe minare la credibilità del marchio, che si basa proprio sulla sua identità “etica”.
La Promessa: Il 100% dei Profitti per Gaza?
Il cuore della proposta di valore di Gaza-Cola è la sua promessa di beneficenza. L’obiettivo dichiarato è la ricostruzione di ospedali nella Striscia di Gaza. In particolare, si punta a ricostruire il reparto di maternità dell’
Ospedale Al-Karama, nel nord di Gaza, che è stato ridotto in macerie.
La promessa più audace è che il “100% dei profitti” viene destinato a beneficenza. Il fondatore Osama Qashoo ha anche menzionato la costruzione di un ospedale da campo temporaneo, realizzato con paracadute recuperati da lanci di aiuti , e il pagamento degli stipendi del personale medico sul campo.
È importante fare una distinzione: un altro marchio, “Salaam Cola”, lanciato da Aykiz Shah, dona il 10% dei proventi a “Muslims in Need” per aiuti medici, scuole e cucine comunitarie. Non bisogna confondere le due iniziative.
La promessa del “100% dei profitti” è, dal punto di vista contabile, estremamente ambiziosa e complessa da verificare. La definizione di “profitto” può variare (lordo, netto, prima o dopo costi operativi, salari, investimenti futuri). Senza una chiara definizione contabile e una verifica indipendente, questa affermazione è difficile da sostenere. Inoltre, la ricostruzione in una zona di conflitto come Gaza presenta sfide logistiche, di sicurezza e burocratiche immense , con le Nazioni Unite che hanno espresso preoccupazione per un “collasso totale” del sistema sanitario. I consumatori potrebbero aspettarsi un impatto immediato, ma la realtà sul campo è ben diversa.
Trasparenza: Quanto è Verificabile la Beneficenza?
Gaza-Cola si impegna a mantenere una “comunicazione aperta, pratiche commerciali etiche e condotta professionale”. Tuttavia, l’analisi delle informazioni disponibili non rivela prove esplicite di:
- Audit finanziari indipendenti specifici per i profitti di Gaza-Cola.
- Report annuali pubblici che dettagliino l’allocazione del “100% dei profitti” promessi.
- Una partnership formale con una specifica organizzazione di beneficenza registrata per la gestione dei fondi di Gaza-Cola.
Sebbene Osama Qashoo abbia dichiarato l’intenzione di costruire l’ospedale Al-Karama e di aver avviato la pianificazione , i meccanismi di verifica di questi sforzi non sono specificati. Un riferimento a “video mensili sui social media per mostrare dove vanno i profitti” si riferisce a “Salaam Cola”, non a Gaza-Cola. Un sito chiamato “Gaza LifeLine” offre la possibilità di verificare la cronologia delle donazioni tramite email, ma non è chiaro il suo collegamento diretto con la tracciabilità dei profitti di Gaza-Cola.
Per fare un confronto, organizzazioni come l’UNRWA (agenzia delle Nazioni Unite) dettagliano in modo trasparente come le donazioni vengono utilizzate (ad esempio, 81,1% per aiutare i bambini, 15,5% per la raccolta fondi, 3,4% per attività di supporto) e offrono la detraibilità fiscale.
In un contesto in cui il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha avvertito riguardo a “sham charities” (organizzazioni di beneficenza fittizie) che operano sotto la veste di assistenza umanitaria per finanziare attività illecite a Gaza , la mancanza di prove concrete di audit esterni indipendenti o di report finanziari pubblici specifici per Gaza-Cola rappresenta una lacuna critica. Senza tali meccanismi, la verifica dell’affermazione del “100% dei profitti” diventa estremamente difficile per il consumatore e per le autorità di controllo.
Conclusioni per il Consumatore Consapevole
Gaza-Cola si presenta come un prodotto con una missione etica e umanitaria lodevole, fondato da un attivista con un forte impegno per la causa palestinese. La sua promessa di destinare il 100% dei profitti alla ricostruzione di ospedali a Gaza è un richiamo potente per i consumatori che desiderano fare una scelta d’acquisto consapevole e solidale.
Tuttavia, la trasparenza finanziaria del marchio, in particolare per quanto riguarda la destinazione effettiva del “100% dei profitti”, presenta delle lacune. La mancanza di audit indipendenti e di report pubblici dettagliati rende difficile per il consumatore verificare che le promesse siano pienamente mantenute. Inoltre, la tensione tra la dichiarata “non-affiliazione politica” del marchio e il suo marketing fortemente politicizzato potrebbe generare confusione.
Per un consumatore che desidera essere pienamente informato e tutelato, è consigliabile cercare maggiori dettagli sulla rendicontazione finanziaria di Gaza-Cola e sui meccanismi di verifica delle sue donazioni. La solidarietà è un valore fondamentale, ma la trasparenza è la sua garanzia.
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https://gaza-lifeline.com/donation-confirmation/
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